Sostituzione protesi mammarie

Sostituzione protesi mammarie: perché e quando

Perché inserire questo argomento tra le attività maggiori, dandogli una rilevanza che apparentemente sembra ingiustificata?
Ho alle spalle un numero non indifferente di anni in sala operatoria e conosco ormai bene le conseguenze di un atteggiamento che porta a sottovalutare i rischi legati all’usura delle protesi mammarie.
Mi scontro ancora spesso con un modo di pensare secondo cui “se non ci sono problemi e all’esame mammografico/ecografico tutto risulta nella norma, con protesi ben disposte e integre, non è necessario sostituire le protesi mammarie”.
Questo diventa anche il comune pensare di molti medici, seri professionisti, che non avendo alcuna conoscenza di questa chirurgia e dei materiali utilizzati, attendono l’insorgere della complicanza per ovviare al problema.

L’atteggiamento comune è di attendere l’insorgere della complicanza per ovviare al problema, assecondando allo stesso tempo la naturale propensione delle pazienti a posticipare l’intervento il più possibile, per non sottoporsi nuovamente all’impegno psico-fisico che ritengono gravoso quanto il primo. È chiaro che la propensione della paziente è quella di non affrontare un nuovo intervento chirurgico che porta a un ulteriore impegno psico-fisico e che il più delle volte ritiene altrettanto doloroso quanto il primo, e frasi come quelle su descritte trovano un terreno fertile per far sì che l’intervento venga posticipato il più possibile.

Sostituzione protesi mammarie rotte
Conseguenze di un atteggiamento attendista

In questo mondo terreno nulla è eterno. Il tempo usura il nostro corpo così come ogni oggetto.
Anche le protesi mammarie, con il tempo, vanno incontro a un deterioramento che mette a rischio l’integrità dei tessuti che le circondano. Oggi, le ditte produttrici ne consigliano la sostituzione dopo quindici anni, ma sino agli inizi degli anni duemila ne veniva consigliata la sostituzione dopo dieci anni.
Le protesi mammarie sono degli impianti sintetici, solidi ma soffici, costituiti da un involucro in silicone solido molto morbido e flessibile e riempite con un gel di silicone coeso. Sono definite come “materiale biocompatibile” ovvero sono accettate dal nostro organismo, ma sono pur sempre un corpo estraneo e vengono pertanto circondate da una sottile lamina di tessuto connettivo elastico. Utilizzate fin dagli anni ’60, sappiamo che non danno luogo a patologie neoplastiche o a malattie autoimmuni ma il gel di silicone che contengono al loro interno, a contatto con i tessuti, crea dei processi infiammatori talora disastrosi.

Non è necessario che la protesi si rompa: è sufficiente che la parete esterna della protesi si assottigli per permettere al gel nel suo interno di trasudare, raggiungendo la capsula fibrosa che la circonda. Ciò che accade più comunemente è un consolidamento di questa lamina di tessuto connettivo, dando luogo a una retrazione o contrattura capsulare. Questa capsula fibrosa perde la sua elasticità, rendendo la mammella poco mobile e aumentandone la consistenza. La protesi lentamente si disloca, spostandosi in genere verso l’alto e medialmente, con un processo infiammatorio che si cronicizza e con l’insorgere di una sintomatologia dolorosa.

Quando ciò accade, non è più sufficiente la sola sostituzione degli impianti, ma è necessario asportare anche la capsula fibrosa ovvero eseguire una “capsulectomia”. In tal caso tutti i tessuti del cono mammario saranno nuovamente coinvolti dall’intervento chirurgico con la formazione di una nuova lamina connettivale periprotesica. Nella mia esperienza clinica questo determina quasi sempre un’alterazione del risultato estetico, dovuta alla diversa reazione dei tessuti col passare degli anni. È impensabile sostenere che lo stesso intervento chirurgico a fini estetici possa ottenere un risultato identico nel caso in cui venga eseguito a 25/30 anni o a 45/50 anni. Col tempo saranno mutati il nostro metabolismo, il nostro sistema ormonale, la capacità dei nostri tessuti di affrontare un insulto chirurgico e, non ultimo, la qualità della nostra pelle.

Sostituire le protesi mammarie, oggi, vuol dire fare un’incisione seguendo la vecchia cicatrice, aprire la tasca che contiene l’impianto e sostituirne il contenuto. Se aspettiamo che sopraggiunga il problema – ed è logicamente prevedibile che questo accada – saremo costretti a eseguire una capsulectomia e a far rivivere ai tessuti mammari lo stesso iter postoperatorio del primo intervento, con la differenza che le condizioni organiche sono cambiate.

Sostituzione protesi mammarie: intervento chirurgico

In linea di massima, l’indicazione è quella di sostituire le vecchie protesi con delle nuove della stessa grandezza. Ciononostante, l’involuzione mammaria dovuta al trascorrere degli anni spinge la paziente a desiderare un volume maggiore. Può anche accadere che ripetute gravidanze o un peso altalenante incidano negativamente sulla qualità delle fibre elastiche del cono mammario e siano causa di una ptosi più o meno marcata. In questo caso, alla sostituzione delle protesi si associa una Mastopessi periareolare.
Prima dell’intervento è necessario eseguire degli esami ematochimici, una valutazione cardiologica, una radiografia del torace e una mammografia. È importante non assumere acido acetilsalicilico (aspirina) nei dieci giorni precedenti e successivi all’intervento ed è consigliato non fumare nelle settimane che precedono e seguono l’intervento, perché la nicotina può essere all’origine di una cicatrizzazione tardiva.

Tecnica chirurgica, tipo di anestesia e modalità di ricovero

Dopo l’infiltrazione di una soluzione anestetica lungo i margini della vecchia cicatrice, si incide la cute in corrispondenza di essa e si raggiunge la tasca dove è ubicata la protesi. Si sostituisce l’impianto e si conclude con una sutura eseguita con fili riassorbibili che non sarà necessario rimuovere.
Il tempo operatorio è di circa venti minuti.
L’intervento viene eseguito in anestesia locale assistita e non comporta alcun giorno di ricovero.

Sostituzione protesi mammarie: post operatorio

Il postoperatorio non è doloroso ma è consigliabile assumere un farmaco antalgico nelle prime 48 ore. Una terapia antibiotica è indicata nei primi sei giorni.
Dopo tre giorni si può riprendere una normale attività lavorativa.

Sostituzione protesi seno

Considerazioni finali

La sostituzioni delle protesi mammarie non è assolutamente paragonabile al primo intervento di Mastoplastica Additiva, ciononostante è pur sempre un intervento chirurgico e come tale non deve essere mai banalizzato.
La semplicità della tecnica operatoria utilizzata e il decorso post operatorio alquanto agevole ne fanno una procedura chirurgica scevra da particolari rischi e priva di un considerevole impegno psico-fisico per la paziente.
Tutt’altra cosa è il caso di una capsulectomia, a cui segue un postoperatorio più importante con un risultato estetico che sarà condizionato dall’età e dalla sofferenza dei tessuti mammari coinvolti dalla flogosi cronica.

Avvertenze e consigli - Chirurgia Deodato

La pagina non è suffragata da foto o video che oscurano sotto certi aspetti la pratica della chirurgia estetica e che non sono direttamente legati ad essa, ma conseguenza di un atteggiamento imprudente.
È importante sottolineare che tutti noi, chirurghi plastici, seguiamo dei protocolli internazionali e delle linee guida che preservano l’integrità dei nostri pazienti e ci permettono di raggiungere i risultati sperati: è importante, perciò, seguire le indicazioni e i consigli del vostro chirurgo per prevenire eventuali complicanze.