Domande frequenti sulla Chirurgia Estetica

MASTOPLASTICA ADDITIVA

Nel caso di una gravidanza, l’impianto di protesi mammarie non causa alcun problema alla paziente e al bambino che porta in grembo, tuttavia è consigliabile attendere almeno sei mesi prima di prendere in esame tale eventualità.

L’allattamento è possibile, a condizione che la ghiandola abbia una sua naturale capacità di produrre latte. Si raccomanda, però, di assumere un antibiotico ai primi sintomi di mastite per evitare una possibile contrattura capsulare.

Le protesi mammarie sono utilizzate da circa 60 anni e non è stata provata alcuna relazione tra l’impianto protesico e il tumore della mammella. L’incidenza di una neoplasia mammaria nelle portatrici di protesi è equivalente a tutte le altre pazienti non portatrici di impianti protesici.

La vasta ricerca scientifica internazionale, realizzata sulla possibile relazione tra gli impianti protesici e le malattie autoimmuni, ha unanimemente escluso tale evenienza.

Se il decorso post operatorio si svolge normalmente, la paziente può rientrare al lavoro dopo una settimana. Tuttavia, è consigliabile attendere due settimane dall’intervento.

Il reggiseno contenitivo, che si indossa per quattro settimane, limita l’attività fisica. Dopo, è possibile ritornare in palestra, evitando gli esercizi che coinvolgono le braccia e la parte superiore del torace per almeno due mesi.

È importante sottoporsi a delle visite di controllo nelle settimane e nei mesi successivi all’intervento.
Il chirurgo plastico può valutare la corretta evoluzione cicatriziale e la regolare disposizione degli impianti protesici.

MASTOPLASTICA RIDUTTIVA

La Mastoplastica Riduttiva non condiziona in alcun modo la gravidanza, tuttavia è consigliabile attendere un anno dall’intervento prima di prendere in esame tale eventualità.

L’intervento di Mastoplastica Riduttiva modella le mammelle rimuovendo il tessuto ghiandolare e cutaneo eccedente. Ciò comporta un’alterazione della morfologia mammaria che rende talora impossibile l’allattamento. È bene, tuttavia, sapere che mammelle molto voluminose sono spesso soggette a fenomeni di distrofia ghiandolare che determinano da sole una difficoltà nell’allattamento.

Non esiste un limite di età, purché le condizioni cliniche della paziente siano ideali. È indispensabile che lo sviluppo sia presumibilmente terminato e che le mammelle non abbiano più subito aumenti di volume da almeno due anni.

È importante sottoporsi a delle visite di controllo nelle settimane e nei mesi successivi all’intervento. Il chirurgo plastico potrà così valutare la corretta evoluzione cicatriziale.

MASTOPESSI

La Mastopessi verticale altera in parte la morfologia dei tessuti mammari e può compromettere l’allattamento. Più rispettosa della struttura ghiandolare, la Mastopessi periareolare secondo L. C. Benelli non impedisce l’allattamento, a condizione che la ghiandola abbia una sua naturale capacità di produrre latte.

Se nel post operatorio non subentrano delle complicanze, l’attività sessuale può essere ripresa dopo circa una settimana. È importante, però, che le mammelle siano trattate con delicatezza, evitando che una pressione eccessiva possa rompere il filo di nylon che assicura il cerchiaggio (roundblock) tutto attorno all’areola nella Mastopessi periareolare con tecnica di L. C. Benelli. Questo esporrebbe a una distensione della placca areola-mammaria con una conseguente ptosi secondaria.

L’intervento comporta la riduzione della sensibilità del capezzolo e dell’areola, che viene totalmente ripristinata dopo qualche settimana. Solo una bassa percentuale delle operate, circa il 2%, ha una insensibilità permanente.

Dopo il primo mese, in cui è consigliabile indossare un appropriato reggiseno contenitivo, è possibile indossare un comune reggiseno, evitando i reggiseni col “ferretto”. L’archetto rigido, specie in metallo, lascia quasi sempre un’impronta sulla pelle del seno, che può persistere per lungo tempo. Il “push up” non deve essere usato per almeno tre mesi nel caso in cui si associa alla Mastopessi l’impianto di protesi.

GINECOMASTIA

Se il decorso post operatorio si svolge normalmente, il paziente può rientrare al lavoro dopo una settimana. Tuttavia, è consigliabile attendere due settimane dall’intervento.

Il gilet contenitivo, che si indossa per quattro settimane, limita l’attività fisica. Dopo, è possibile ritornare in palestra, evitando gli esercizi che coinvolgono le braccia e la parte superiore del torace per almeno sei settimane.

È importante sottoporsi a delle visite di controllo nelle settimane e nei mesi successivi all’intervento, affinché il chirurgo possa valutare la corretta evoluzione cicatriziale. A distanza di quattro settimane dall’intervento è consigliato sottoporsi ad un trattamento con Tecnica LPG che rimodella il pannicolo cutaneo-adiposo del torace.

È fortemente consigliato smettere di fumare. Ogni sigaretta comporta cinque minuti di vasocostrizione periferica che ostacola la corretta vascolarizzazione dei tessuti coinvolti dall’intervento. La loro non adeguata ossigenazione può compromettere l’evoluzione cicatriziale.

ADDOMINOPLASTICA

Se il decorso post operatorio si svolge normalmente, il paziente può rientrare al lavoro dopo una settimana. Tuttavia, è consigliabile attendere due settimane dall’intervento.

La guaina addominale, che si indossa per quattro settimane, limita l’attività fisica. Dopo, è possibile ritornare in palestra, evitando gli esercizi che coinvolgono i muscoli addominali per almeno sei settimane.

Pur evitando l’attività fisica per sei settimane, si consiglia già nell’immediato post operatorio di fare delle lunghe passeggiate, per prevenire eventuali episodi trombo-embolici. Delle visite di controllo nelle settimane e nei mesi successivi all’intervento, permetteranno al vostro chirurgo di valutare la corretta evoluzione cicatriziale. A distanza di quattro settimane dall’intervento è consigliato sottoporsi ad un trattamento con Tecnica LPG per rimodellare il pannicolo cutaneo-adiposo dell’addome.

È quasi d’obbligo smettere di fumare. Ogni sigaretta comporta cinque minuti di vasocostrizione periferica che ostacola la corretta vascolarizzazione dei tessuti coinvolti dall’intervento. L’intervento, di per sé, sacrifica in parte la rete vascolare che irrora la parete addominale e una ulteriore riduzione del flusso ematico, dovuto alla nicotina, può condurre a risultati disastrosi.