Capezzolo introflesso: cos’è e come si interviene

Classificato tra le malformazioni congenite, come le asimmetrie mammarie e il seno tuberoso, il capezzolo introflesso può essere anche conseguenza di un trauma o di una infezione (mastite). Qualunque sia la causa, il suo trattamento chirurgico mette in discussione la funzione lattifera della ghiandola mammaria.
Capezzolo introflesso cos'è e come si interviene

Capezzolo introflesso: una imbarazzante assenza nel contesto della “scena” mammaria.

Il quadro clinico è caratterizzato da un capezzolo che, invece di sporgersi in avanti, distaccandosi piacevolmente dal profilo della mammella, tende a ripiegarsi verso l’interno, determinando problemi estetici e funzionali.
In questi casi, l’allattamento è difficoltoso o talora impossibile e la mammella si presenta con un aspetto insolito, come se l’artista avesse dimenticato nel suo dipinto un elemento essenziale.
Tra le diverse anomalie del seno, questa è senza dubbio causa di imbarazzo con il partner, soprattutto se la depressione che si crea al centro dell’areola diventa sede di soggiorno per cellule esfoliate, sebo e altre sierosità.

 

Trattamento del capezzolo introflesso: il difficile compromesso tra l’estetica e la funzione d’organo.

Tutte le procedure mediche, che si basano sulla aspirazione dei tessuti e su massaggi tendenti a sfibrare la placca areola-mammaria, si sono dimostrate scarsamente efficaci. Sulla base della mia esperienza clinica, ritengo che per la retrazione del capezzolo la correzione chirurgica sia la soluzione più indicata per ottenere un risultato stabile e soddisfacente. Più di cinquanta tecniche sono state proposte per risolvere un problema apparentemente semplice che consiste nell’estroflettere il capezzolo, conservando la sua funzione lattifera. Ciò a riprova della difficoltà di coniugare i due obiettivi.

Considerato che, nella maggior parte dei casi, la causa dell’introflessione del capezzolo è legata alla insufficiente lunghezza dei dotti galattofori terminali, si è cercato di “allungare” i dotti per stiramento, con risultati molto modesti. A mio parere, il solo modo per eliminare definitivamente il problema, è quello di sezionare i dotti in modo che il capezzolo sia libero di fuoriuscire; nel contempo, sono solito aggiungere dei punti di sutura per chiudere lo spazio sottostante, così da evitare che il capezzolo possa nuovamente ripiegarsi.

Una scelta dettata dalla consapevolezza che l’allattamento non è del tutto scontato.

La correzione chirurgica del capezzolo retratto porta, per ottenere un risultato sicuro e definitivo, all’interruzione dei dotti galattofori con la conseguente perdita della possibilità di allattare. D’altronde, non è detto che la mammella sia in grado di espletare normalmente tale funzione.
È utile inoltre precisare che, in molti casi, l’atrofia che si riscontra nei dotti galattofori coinvolge spesso la ghiandola, impedendole di produrre latte.

Queste considerazioni fanno propendere sempre più verso una correzione chirurgica che prevede la sezione dei dotti. Essa permette di rimuovere radicalmente questa anomalia con i suoi aspetti psicologici, fonte di malessere nei rapporti interpersonali. La impossibilità di allattare diventa ininfluente se si considera che la malformazione congenita determina già di per sé, nella stragrande maggioranza dei casi, tale evenienza e nel caso in cui la paziente abbia già deciso di non allattare.

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